Antonio Morello (a cura di)
Federico Da Montefeltro. Medaglie e monete.
Contributi varii in occasione dei 600 anni dell’anniversario della nascita 1422-2022.
Collana ‘Nummus et Historia’ XLII – Associazione Culturale Italia Numismatica. Ed. 2022. Pagine 212, illustrazioni a colori, f.to 17x24cm.
€ 30,00 (gratuito ai Soci ACIN iscritti nel 2022)
Dall’Indice:
Katia Pontone, Federico da Montefeltro: il ritratto e le medaglie.
Agnieszka Smolucha-Sladkowska, La medaglia di Clemente da Urbino con l’effige di Federico da Montefeltro (1422-82). Contenuti simbolici e contesto politico.
Antonio Morello, Federico da Montefeltro e la medaglia di Francesco di Giorgio Martini.
Diana Morello, La medaglia di Gianfrancesco Enzola impressa sulla legatura del Codice Vaticano Urbinate 1418.
Antonio Morello, Federico da Montefeltro: le monete. Gianni Graziosi, Federico da Montefeltro: un illustre signore del Rinascimento.
Antonio Morello
Il ponte di nelle monete di Traiano
Collana ‘Nummus et Historia’ XLI – Associazione Culturale Italia Numismatica. Ed. 2021. Pagine 104, illustrazioni a colori, f.to 17x24cm.
€ 15,00 (gratuito ai Soci ACIN iscritti nel 2021)
La monetazione prodotta a nome dell’imperatore Traiano nella zecca di Roma è particolarmente articolata, ricca di informazioni storiche, artistiche e architettoniche. Tuttavia, presenta non poche problematiche interpretative che lasciano aperto il campo alle indagini.
Dai contemporanei e dagli storici antichi Traiano fu riconosciuto optimus princeps ovvero il migliore tra gli imperatori romani; questo ‘titolo’ è confermato dai moderni per il suo operato, le sue straordinarie capacità militari, di amministratore e politico nonché per le doti umane, come uno degli statisti più completi e parsimoniosi della storia ovvero uno dei migliori imperatori romani, se non il migliore; lasciò un segno profondo nella storia e in ogni angolo dell’Impero sono ancora visibili molteplici testimonianze che si riferiscono a lui.
Su Traiano esiste una sterminata bibliografia, meticolosamente raccolta in alcune recenti opere che lo riguardano; l’Autore ha elencato in ben otto pagine i riferimenti bibliografici essenziali utili ad approfondire gli argomenti trattati. In questa occasione l’Autore ha esaminato alcuni aspetti legati ad una particolare emissione monetale, composta da tre nominali in lega di rame (sestertius, dupondius, as), che reca al rovescio il tipo del ‘ponte’.
Dopo secoli di studi numismatici su questo specifico argomento, ottimamente sintetizzati da Bernard Woytek (Die Reichsprägung des Kaisers Traianus (98-117) , Vienna 2010, pp. 128-130), ancora non è stata risolta in maniera soddisfacente la questione riguardante il nome esatto dell’edificio raffigurato in questa tipologia di rovescio. L’ impressionante descrizione tramandata da Cassio Dione (68, 13,1-6, da Xiphilino) della grandiosa opera di ingegneria quale fu il ponte sul Danubio – costruito nei pressi di Dobreta tra il 103 e il 105 in occasione della campagna bellica per la conquista della Dacia, ritenuto un capolavoro dell’arte antica – unita all’immagine di alcune delle sue campate scolpite in una delle scene sulla Colonna Traiana, hanno influenzato gli studiosi che hanno proposto di vedere, in questa rappresentazione monetale, la sintesi della monumentale opera dell’architetto Apollodoro di Damasco; sebbene non tutti concordano con questa suggestiva ipotesi, questa tipologia è genericamente conosciuta in riferimento al ‘ponte sul Danubio’.
Negli ultimi cento anni di ricerche numismatiche le emissioni monetarie di Traiano sono state studiate in maniera abbastanza approfondita. Dopo l’importante inventario edito da Henry Cohen (Description historique des monnaies frappes sous l’Empire romain communément appelées médailles imperials, volume II, Paris-London 1880), Harold Mattingly affrontò l’argomento nel terzo volume del Roman Imperial Coinage (1926), ponendo le basi per gli studi immediatamente successivi che videro l’apice nell’opera di Paul L. Strack (Untersuchungen zur römischen Reichsprägung des Zweiten Jahrhunderts, I, Die Reichsprägung zur Zeit des Traian, Stuttgart 1931), ripresa ancora da Mattingly quando pubblicò il materiale numismatico conservato nel British Museum (Coins of the Roman Empire in the British Museum. Volume III: Nerva to Hadrian, London 1936 (rist. con revis., 1966)). Queste opere hanno fatto scuola fino all’edizione del volume che descrive le monete conservate nella Bibliothéque Nationale de France ad opera di Paul-André Besombes (Monnaies de l’Empire romain. IV – Trajan, Bibliothèque nationale de France, Paris 2008). Due anni dopo Bernard Woytek ha finalmente pubblicato il suo lavoro, frutto di pluriennali ricerche, nel quale ha esaminato ogni aspetto di questo tema grazie alla consultazione di una gran mole di materiale; egli ha ordinato la monetazione di Traiano, prodotta dalla zecca di Roma, con un criterio e delle conclusioni attualmente unanimemente accettate.
Non è semplice sintetizzare l’imponente opera di Woytek; basti pensare che si tratta del risultato di uno studio dettagliato che, tra l’altro, ha analizzato oltre 25.000 monete conservate in un centinaio di raccolte pubbliche nonché descritte e fotografate in migliaia di cataloghi di vendita. I dati raccolti sono stati utilizzati per giungere a delle conclusioni che hanno risolto non pochi enigmi, lasciando anche spazio a futuri approfondimenti su alcuni specifici argomenti.
Il tema trattato nel libro di Antonio Morello è ambientato nel periodo nel quale furono prodotte la maggior parte delle monete di Traiano, contraddistinto dalla nomina a console per la quinta volta che conservò dal 103 al 110 d.C., titolo che compare all’interno della legenda che accompagna una vasta produzione monetale, unitamente al suo nome e altri appellativi, tra cui quello di OPTIMO PRINCIPI. Gli studi precedenti hanno collocato questa produzione genericamente all’interno dell’intero periodo nel quale Traiano conservò il titolo di COS V. Tuttavia, ci sono stati vari tentativi di distinguere i vari gruppi di emissioni e, per ora, le proposte avanzate da Woytek sono ritenute le più accreditate. Egli, come Strack e Besombes, ha distinto le emissioni all’interno di gruppi palesemente datati dai titoli che accompagnano il nome dell’imperatore, nella legenda monetale, seguendo però la tipologia dei ritratti ordinati cronologicamente. Il tipo del ‘ponte’ è perciò datato da Woytek tra il 107 e il 110 d.C., proposta a cui aderisce Morello per gli stessi motivi espressi dallo studioso austriaco.
Traiano fu convinto sostenitore che per estendere e rafforzare l’Impero nonché per il benessere dei suoi abitanti era necessario che la viabilità e le infrastrutture annesse dovevano essere efficienti e facilitare il transito di uomini, mezzi e merci nel modo più comodo e rapido possibile; per questa ragione costruì e/o restaurò importanti strutture portuali (es. Portus, Centumcellae, Ancona) e le strade utili per raggiungerli. Potenziò e/o creò assi viari principali e secondari nonché costruì e/o restaurò opere per agevolare il transito su di essi, come ad esempio i numerosi ponti edificati con importanti opere di ingegneria, ‘tagli’ di imponenti pareti rocciose per abbreviare e agevolare i percorsi già esistenti.
La serie monetale di Traiano, emessa in tre nominali enei – con le relative varianti al diritto nel rappresentare il profilo dell’imperatore –, era destinata al circolante minuto in uso al popolo romano di basso ceto. La struttura rappresentata non è accompagnata dalla legenda che ne avrebbe potuto specificare il nome; perciò, è possibile che essa fosse ampiamente nota alle persone che maneggiavano quelle monete ovvero una costruzione presente a Roma. Era una struttura singolare, costruita con materiale ligneo e avente una copertura. In alcuni esemplari ben conservati è possibile notare la possibile sezione circolare delle travi impiegate per la costruzione delle strutture trasversali; inoltre, nella parte sottostante della struttura sono visibili le travi di rinforzo trasversale posizionate a croce di sant’Andrea. La struttura a campata unica la rendeva un’opera mirabolante anche se avesse attraversato soltanto il punto più stretto presente nel corso cittadino del Tevere; tuttavia, grazie alle esperienze acquisite nel corso degli anni delle guerre condotte contro i Daci, nonché la presenza a Roma in quel periodo del celebre architetto Apollodoro di Damasco, avrebbero comunque consentito di costruire un’opera del genere, tale da meritare di essere illustrata sulle monete. Sebbene il principio costruttivo utilizzato per mettere in opera la struttura lignea delle campate del celebre ponte sul Danubio fosse il medesimo, il ponte sulle monete di Traiano rappresenta un altro edificio: innanzitutto è costituito da una campata sola; ha una copertura che avrebbe avuto anche una funzione di rinforzo strutturale complessivo; fu costruito interamente in legno e utilizzato per il transito pedonale. Per l’alto valore simbolico che poteva rappresentare questa raffigurazione unica nel suo genere, l’Autore ha proposto di considerare che fosse riprodotto in questo modo il celebre pons Sublicius che collegava l’area del Foro Boario con la sponda opposta – proprio dove le sponde del fiume erano più ravvicinate rispetto a tutto il percorso cittadino del Tevere –; questa struttura fu ricostruita, sin dalle origini, diverse volte – in quanto il materiale impiegato era facilmente deperibile sia per l’usura del tempo che per i danni causati dalle piene del fiume stesso – e sempre utilizzando il medesimo principio sacro che il Sublicius doveva essere strutturato esclusivamente in legno (Dionigi, Antichità romane, Libro III, 45; Plutarco, Numa, 9, 2-3; Plinio N.H., XXXVI, 100); Traiano avrebbe ordinato un’ennesima ricostruzione di questo attraversamento ma con i principi architettonici dettati dalle nuove tecnologie in uso al suo tempo. L’Autore ritiene la proposta da egli avanzata la più verosimile; tuttavia, è possibile che con questa tipologia monetale, altamente simbolica, Traiano abbia voluto soprattutto ricordare al popolo romano che egli mise in atto una vasta ristrutturazione e costruzione ex-novo di assi viari terrestri interessati anche da numerosi attraversamenti dei fiumi con ponti di varia forma architettonica e dimensione. Pertanto, è possibile che si volle raffigurare un edificio specifico ma, allo stesso tempo, una rappresentazione simbolica, per mezzo della quale si intese ricordare al popolo romano, destinatario della moneta in metallo vile, che l’optimus princeps fu ‘costruttore di ponti’, inteso sia come sostenitore della costruzione/restauro di opere utili ad agevolare il transito e gli attraversamenti dei corsi d’acqua sia come principale patrocinatore dell’unione di popoli, separati da corsi d’acqua, uniti da un ‘ponte’.
Il libro è diviso in quattro capitoli che precedono sedici tavole che raffigurano oltre cento esemplari, dei tre nominali, tra i migliori conservati fino ad ora noti; chiude la bibliografia essenziale che invita ai relativi approfondimenti sui vari argomenti trattati in questo studio. Nel capitolo intitolato ‘Le monete’ vengono descritti i tre nominali di questa serie con le relative varianti del busto al diritto; le annotazioni che accompagnano le descrizioni illustrano le tipologie dei busti utilizzati per rappresentare la figura di Traiano in questa serie nonché le diverse varianti con le quale gli incisori raffigurarono il ‘ponte’ che, sebbene fosse mostrato sempre con la stessa forma, fu inciso sui conii con diverse variazioni nei piccoli dettagli strutturali e nel numero diverso delle traverse verticali che composero la struttura. Il capitolo che segue illustra e commenta le varie proposte che furono avanzate dai numismatici del passato; vengono sintetizzati alcuni studi tecnici e ricostruzioni riguardanti il ponte sul Danubio che fu certamente il modello architettonico per la costruzione di simili strutture lignee in tutto l’Impero nel medesimo periodo. Nel terzo capitolo sono state riportate e commentate le proposte alternative al ‘ponte’ avanzate da alcuni studiosi che si riferiscono principalmente alle strutture portuali di Centumcellae (Civitavecchia) e Ancona fatte edificare/ristrutturare da Traiano per agevolare la viabilità e aumentare e facilitare i traffici marittimi nonché ottenere nuovi ed efficaci porti per favorire le campagne militari. Nell’ultimo capitolo l’Autore analizza i dettagli che si vedono in alcuni dei migliori conii realizzati per rappresentare questa tipologia che evidenziano la presenza di elementi lignei, il numero di essi e il relativo posizionamento; ingrandimenti dei dettagli essenziali e ricostruzioni grafiche aiutano a comprendere che l’opera potrebbe essere realmente esistita così come rappresentata in talune emissioni della serie. Alcuni suggerimenti tecnici e architettonici avrebbero reso possibile la realizzazione di quest’opera mirabolante degna di essere ricordata sulle monete.
L’Autore conclude che siccome su questa serie non si legge il nome dell’opera, essa doveva essere sotto gli occhi dei Romani che la conoscevano bene e che maneggiavano le monete prodotte dalla zecca; dunque, la proposta che fosse il pons Sublicius è verosimile anche se non certa.
Federico De Luca
The Tetradracnms of Perseus of Macedonia.
Italian and English text
Collana ‘Nummus et Historia’ XL – Associazione Culturale Italia Numismatica. Ed. 2021. Pagine 124, illustrazioni b/n, f.to 17x24cm.
Esaurito (gratuito ai Soci ACIN iscritti nel 2021)
Questo studio riguarda Corpus dei tetradrammi d’argento coniati da Perseo re di Macedonia. L’Autore classifica 308 tetradrammi diversi ottenuti da 63 conii di diritto e 272 conii di rovescio permettendo in tal modo di avere una conoscenza più ampia di questa monetazione (lo studio precedente più completo sull’argomento, rimasto peraltro non pubblicato, presentava 205 esemplari ottenuti da 58 conii di diritto e 116 conii di rovescio). L’aver rintracciato un numero così consistente di tetradrammi dell’ultimo re macedone permette di ricostruire l’intera sequenza dei die link e, di conseguenza, di comprendere non poche circostanze. Ad esempio, l’individuazione di un conio di diritto usato per coniare sia alcuni tetradrammi recanti il simbolo dell’astro che alcuni recanti il simbolo dell’aratro consente di comprendere che questi due simboli non denotano, come riteneva Mamroth, due diverse zecche (rispettivamente Anfipoli e Pella), ma semplicemente due distinte emissioni coniate nella medesima zecca che verosimilmente è quella di Anfipoli. La ricostruzione di queste due distinte emissioni di tetradrammi permette poi di comprendere che, appunto, si tratta di due sole emissioni caratterizzate da terne di monogrammi sempre diversi e non, come affermava Price, di tante emissioni diverse (almeno una quindicina) ognuna delle quali caratterizzate da una distinta terna di monogrammi. Questa nuova ricostruzione, frutto di anni di ricerche, offre non pochi spunti di riflessione.
Michele Chimienti e Fabio Pettazzoni
Le monete del Regno Unito. Storia e araldica.
Collana ‘Nummus et Historia’ XXXIX – Associazione Culturale Italia Numismatica. Ed. 2020. Pagine 232, illustrazioni a colori, f.to 17x24cm.
€ 25,00 (gratuito ai Soci ACIN iscritti nel 2020)
Dall’indice: Il Regno Unito (UK). La monetazione preromana e romana in Britannia. Le invasioni della Bretagna da parte degli Angli, dei Sassoni e degli Juti e i regni della Eptarchia. La monetazione di tipo carolingio. L’epoca delle invasioni vichinghe e l’inizio della loro monetazione. La seconda invasione vichinga e l’inizio della monetazione irlandese. L’espulsione dei Vichinghi danesi e la fine dei regni sassoni. I Normanni sul trono d’Inghilterra. L’Anarchia inglese e la nuova dinastia degli Angiò-Plantageneti. La nascita della monetazione scozzese e l’evoluzione di quella irlandese. La guerra dei cent’anni. La guerra delle due rose e le riforme inglesi del XV secolo. Monetazione irlandese dal XV al XVI secolo. Monetazione scozzese dal XIV al XVI secolo. L’epoca degli Stuart, la corona d’Inghilterra a Giacomo VI di Scozia. La caduta della corona e la repubblica di Cromwell. La restaurazione monarchica e l’abbandono definitivo della religione cattolica. Giacomo II Stuart e la rivoluzione anticattolica. La monetazione di Scozia e d’Irlanda nel XVII e XVIII secolo. L’epoca georgiana (degli Hannover). La regina Vittoria e la massima espansione dell’Impero. Il casato di Sassonia-Coburgo-Gotha e la modifica del nome in Windsor. Il sistema decimale dopo tredici secoli. La cartamoneta. Le emissioni delle colonie e di alcuni territori particolari. Il Commonwealth. La moneta di Maundy. Tessere con funzioni monetali. Atti di Unione. Scozia. Irlanda. Galles. L’araldica del Regno Unito. I principali ordini cavallereschi del Regno Unito. La bandiera del Regno Unito: la Union Jack. Elenco dei sovrani del Regno Unito.
Mario Ladich
La moneta romana di bronzo tardoantica (379-498 d.C.)
2a edizione
Collana ‘Nummus et Historia’ XXXVIII – Associazione Culturale Italia Numismatica. Ed. 2020. Pagine 344, illustrazioni a colori, f.to 17x24cm.
€ 30,00 (gratuito ai Soci ACIN iscritti nel 2020)
Esattamente 30 anni fa l’Autore pubblicava la prima edizione di un’opera che andò presto esaurita sul mercato librario. Da quel giorno Mario Ladich ha continuato ad aggiornare il suo lavoro arricchendolo di nuovo materiale, rettificando alcune attribuzioni e renderlo più fruibile. Questa nuova edizione è stata curata con molta attenzione e i trenta anni di gestazione hanno consentito di elaborare un prodotto ricco di dettagli. Le prime 26 pagine costituiscono una breve introduzione al catalogo e riguardano la metodologia seguita, cenni storici relativi al periodo trattato, la definizione dei nominali, il ritratto imperiale, la tipologia dei rovesci, le zecche del periodo, la bibliografia essenziale. I tipi principali sono stati studiati in modo approfondito al punto da ottenere un catalogo che descrive le infinite variati dei segni di zecca e dei marchi di officina; ognuno di essi è stato ben descritto ed esattamente riportato in grafica; inoltre, nonostante la difficoltà a reperire materiale in conservazione tale da poter essere illustrato, specie per l’ultimo periodo, quasi tutti i tipi e molte varianti, sono stati riportati in foto. Qui sono descritte le monete di bronzo prodotte dai Romani nella tarda antichità, a partire dalle emissioni coniate a nome di Graziano e Valentiniano II, fino a Zenone e Anastasio, con un’opportuna appendice riguardante le monete di Bonifacio in qualità di Comes Africae. Per ciascun imperatore sono state descritte quelle monete in bronzo che, specie nell’ultimo periodo, ormai venivano prodotte sempre meno e con minor cura nell’esecuzione, ma non per questo meno affascinanti. Proprio la rarità di molte di esse le rendono interessanti e il catalogo si presenta come uno strumento notevolmente utile per la facile classificazione, collocazione storica e per conoscere il grado di rarità di ciascuna moneta descritta. La scelta di illustrare in b/n le monete deriva da una serie di considerazioni pienamente giustificabili; innanzitutto, la non facile reperibilità delle fotografie a colori che in vecchi repertori o cataloghi di vendita erano in quel formato; poi, la resa dell’immagine che in molti casi è risultata migliore e dunque più leggibile in questa forma; infine, il costo finale della stampa che lo stesso Autore ha voluto che fosse accessibile ai più. Questo libro, abbastanza pratico e agevole nella consultazione, sarà certamente valido per molto tempo a venire, per archeologi, studiosi e collezionisti.
Valeri Perin
Medusa e le altre.
Demoni femminili tra fascino e terrore.
Collana ‘Nummus et Historia’ XXXVII – Associazione Culturale Italia Numismatica. Ed. 2019. Pagine 80, illustrazioni a colori, f.to 17x24cm.
€ 15,00 (gratuito ai Soci ACIN iscritti nel 2019)
Il 27 giugno del 2018 ci lasciava Valeria Perin. Un Angelo, una Persona dolcissima e magnifica che è rimasta nei cuori di tutti coloro che l’hanno conosciuta per gentilezza, educazione, disponibilità, affabilità, bontà, bellezza… Anche pochi minuti di colloquio con Lei erano sufficienti per comprenderne il carattere e la sincera passione per tutto ciò che faceva. Appassionata di studi classici, si era avvicinata alla numismatica rapita dall’arte greca, dai miti e i loro misteri, dai culti delle popolazioni che in Sicilia avevano creato la culla della cultura mediterranea in Occidente. Particolarmente attratta dai fenomeni vulcanici, dalle leggende e dai miti che li circondavano, approfondì lo studio della numismatica classica, attratta dal fascino che le immagini monetali trasmettono. Il suo carattere e la sete di conoscenza la portarono a intraprendere un percorso di studio accompagnata in questo da molti conoscenti, di cui alcuni divennero amici di penna. Con questi ultimi ha scritto pagine importanti per la numismatica che sono state pubblicate sulla rivista “Monete Antiche”. Con questa monografia, anche l’Associazione Culturale Italia Numismatica ha voluto tributare un ricordo a Valeria. Si tratta di un lavoro che purtroppo rimase incompiuto, a causa della sua prematura scomparsa, in particolare per quanto riguarda le referenze bibliografiche e per i riferimenti ad alcune citazioni dei classici; nonostante fosse rimasto incompleto, abbiamo voluto pubblicare ugualmente, così come ce lo ha lasciato, quello che possiamo considerare una testimonianza dei suoi interessi e la sintesi del suo modo di essere. È una semplice antologia commentata di citazioni classiche e immagini monetali e d’arte in genere, dedicata alla Medusa e le altre che il nostro Angelo volle scrivere trascinata dalla passione per questo mito e di cui usò il nome per confrontarsi e dialogare, con tutti coloro che ne ebbero il piacere, sul forum lamoneta.it, lasciando, tra l’altro, una molteplicità di post articolati e ben argomentati che ancora oggi si possono leggere. Non si tratta soltanto di un tributo verso Valeria e nemmeno un semplice modo per ricordarla ma, un esempio di quanto possa essere importante la passione per più discipline, unite insieme, per la divulgazione. L’interesse di Valeria per la numismatica fu come una folgorazione e questo scritto fu prodotto quando, presa dalla passione per i miti e la vulcanologia, si accorse che la scienza numismatica era fondamentale per capire molte delle cose che stava studiando. Perciò, in questo suo lavoro Valeria intese trasmettere il suo pensiero ‘puro e sincero’, in maniera divulgativa, rivolgendosi a chiunque. Per chi ha avuto modo di conoscerla umanamente prima e numismaticamente poi, Valeria è stata come uno stupendo bagliore nel cielo grigio di una certa numismatica, con la quale, nel breve periodo in cui tutti abbiamo avuto la fortuna di apprezzare il suo essere, ci ha illuminato con il suo entusiasmo, gentilezza, affabilità e disponibilità, riuscendo peraltro a produrre, in breve tempo, importanti ricerche sulla numismatica della Sicilia antica.
Dall’indice: Presentazione. Premessa: il femminile terribile. I. Scilla: origini del mito. II. Scilla e Medusa tra amore e morte: dal mito alla psicologia del profondo. III. Le Sirene: demoni femminili, tra fascino e conoscenza. IV. La Sfinge greca dal canto ingannevole.
Marius Heemstra e Antonio Morello
Il sesterzio di Nerva FISCI IVDAICI CALVMNIA SVBLATA.
Collana ‘Nummus et Historia’ XXXVI – Associazione Culturale Italia Numismatica. Ed. 2019. Pagine 56, illustrazioni a colori, f.to 17x24cm.
€ 15,00 (gratuito ai Soci ACIN iscritti nel 2019)
I contenuti di questo volume erano destinati ad essere raccolti nel Quaderno di Studi XIV – 2019 ma, l’importanza delle conclusioni di Marius Heemstra nonché l’approfondimento eseguito da Antonio Morello sulla particolare emissione del sesterzio di Nerva, hanno suggerito la pubblicazione di una monografia dedicata ad una tra le tematiche più affascinanti della monetazione romana imperiale. Con l’articolo edito nel 2012 e qui tradotto in lingua italiana, Marius Heemstra si è concentrato sul provvedimento legislativo il cui ricordo fu eternato nelle emissioni monetali di Nerva, già dai primi giorni del suo avvento al potere, nel 96 d.C. Con esso l’Autore ha sintetizzato un più vasto studio che ebbe occasione di pubblicare nel 2010 nel quale analizza, con particolare dedizione e chiarezza, la questione del fiscus Judaicus sotto gli imperatori Domiziano e Nerva. In questa occasione Marius Heemstra ha acconsentito di tradurre in italiano il suo prezioso lavoro, edito nel 2012, aggiungendovi una pagina di aggiornamento bibliografico che egli suggerisce di leggere per approfondire ulteriormente l’argomento. Il fiscus Judaicus era una tassa imposta agli Ebrei dell’Impero romano dall’imperatore Vespasiano, nei primi anni 70 d.C.; mentre, in precedenza gli Ebrei avevano versato mezzo siclo (due dracme) ogni anno al Tempio di Gerusalemme, ora, dopo la distruzione romana, dovevano inviare lo stesso importo al tempio di Giove Capitolino a Roma, che era stato gravemente danneggiato da un incendio e necessitava di riparazione e restauro. La vittoria romana sulla Giudea fu celebrata ampiamente a Roma tra gli anni 70 e 80 d.C. perché fu di grande importanza per la nuova dinastia regnante: Vespasiano e suo figlio Tito tornarono dalla Giudea non solo come generali trionfanti, ma anche come imperatore di recente istituzione e suo successore. Il Colosseo fu costruito con i fondi provenienti dal bottino di guerra, la città fu adornata con due magnifici archi trionfali e il tempio di Giove Capitolino fu ricostruito con i fondi provenienti dall’imposta agli Ebrei. Partendo dall’origine di questa tassa, Heemstra procede con l’analisi della ‘dura’ amministrazione di essa da parte di Domiziano (81-96 d.C.) ricordando, tra l’altro, gli espedienti che l’autorità preposta adottò per scovare gli evasori e soprattutto l’utilizzo, da parte dell’Imperatore, di questa legge che era divenuta una giustificazione per epurare chiunque gli era di intralcio, utilizzando così un pretesto ‘religioso’. La discussione è concentrata sulle fonti a disposizione, dimostrando come le notizie pervenute siano state non proprio esaustive; tuttavia, esse, se considerate nel complesso degli eventi che riguardano il primo cristianesimo e l’ebraismo di quel periodo, portano a comprendere meglio e a correggere alcune deduzioni a cui sono giunti gli storici fino ad ora. Le informazioni sul fiscus Judaicus derivano principalmente da tre passaggi letterari: uno dalla guerra giudaica di Giuseppe Flavio, uno dalla vita di Domiziano di Svetonio e uno di Cassio Dione. Essi sono stati analizzati e confrontati con il contenuto narrato nei tre libri del Nuovo Testamento, l’Apocalisse, la Lettera agli Ebrei e il Vangelo di Giovanni, prestando attenzione alle tensioni e alle controversie tra Romani ed Ebrei. L’Autore conclude che l’anno 96, dopo la riforma del fiscus Judaicus da parte di Nerva, deve essere considerato come una pietra miliare nel processo di separazione tra il cristianesimo e l’ebraismo: da quel momento in poi le autorità romane usarono una definizione più acuta di ‘ebreo’, che rese più facile per loro distinguere tra le due religioni, una separazione che dopo questo provvedimento può essere interpretata come il punto di rottura tra cristiani ebrei e l’ebraismo tradizionale. Heemstra dimostra così che il fiscus Judaicus ebbe un impatto molto più determinante sul giudaismo e sul cristianesimo alla fine del primo secolo, più di quanto non sia stato riconosciuto dalla maggior parte degli altri studiosi. Come tale, il lavoro di Heemstra dovrebbe essere lodato da tutti coloro che cercano di comprendere questa èra della storia romana, in relazione alla religione cristiana ed ebraica. Stimolato dalla lettura dei lavori di Marius Heemstra, Antonio Morello ha sviluppato un approfondimento sull’emissione del sesterzio di Nerva che reca al rovescio il tipo dell’albero di palma da dattero e la legenda FISCI IVDAICI CALVMNIA SVBLATA. Tale lavoro si è dimostrato la naturale continuazione dello studio di Heemstra; una ricerca che si traduce nella catalogazione delle varianti conosciute nonché la raffigurazione degli esemplari studiati, meglio conservati e leggibili, per ciascuna di esse; infine, l’Autore ha dedicato una parte del suo lavoro ai principali e conosciuti falsi moderni di questa produzione monetale, anche per capire quali siano le fattezze di essi per distinguerli dagli originali.